sabato 20 luglio 2013

ATROCITà

La mostra delle atrocità – di Emilio Maggio e Laura Lucchini

Sacile 2012
La sagra, la festa di paese rievoca in un immaginario più o meno idillico un evento piacevole. E’ una festa, perciò la gente ci va volentieri.
Si mangia insieme, si chiacchiera, si passa il tempo e si spera di divertirsi un po’ magari anche solo eludendo per qualche ora la noia esistenziale.
Ma le feste non sono tutte uguali.
A Sacile, per esempio, ce n’è una che finisce col riassumere in qualche modo molte altre festicciole simili.
La domenica dopo ferragosto di ogni anno la ProSacile, insieme con altre ‘associazioni’ (allevatori, cacciatori, commercianti ed altro) e con il patrocinio del comune, della provincia e della regione, organizza un macabro spettacolo definito ‘tradizione’: la sagra dei osei.
La gente ci va apposta. Ci va come ad uno spettacolo, in atteggiamento passivo e per questo complice, come se le persone, la comunità cercassero un collante che li rassicuri nell’abitudine del ‘si è sempre fatto così’.
E allora che inizi lo spettacolo! Lo spettacolo della natura, la modalità attraverso cui l’umano istituisce la sua relazione con il mondo circostante e con i propri simili.
Migliaia di persone si ritrovano in uno spazio definito, ci portano anche i figli.
Vanno a vedere gli uccelli (anche se non ci sono solo volatili).
Passeranno molte ore tra poveri animali-merce a cui è stata tolta la cosa più importante: la libertà.
Riuscite ad immaginare quanto sia crudele impedire il volo ad un essere alato?
Passeggiando tra le gabbie, tra mille occhi dietro le sbarre, tra il vociare degli astanti e le grida degli imbonitori,il colore del piumaggio e il canto disperato degli uccelli prigionieri prendono il sopravvento sul volo, che sfugge al controllo dello sguardo, trovando rifugio negli antri museali dei sogni perduti dove l’uomo cerca disperatamente di ritrovare l’animale che non vuole essere.
E l’ingiustizia diventa straordinariamente normale e ci parla di noi. Di come siamo fatti, di come guardiamo senza vedere, di come ci sentiamo naturali, potenti, dominatori.
E allora ne compriamo uno. Con pochi soldi ce lo portiamo a casa come un oggetto per godere della sua prigionia, non sapendo cosa fare della nostra solitudine. Nella scatolina possiamo sentire le zampine che annaspano, il corpicino leggero, magari un cinguettìo che verrà interpretato come un saluto e un ringraziamento.
Ci raccontiamo la favola del bel canto, che sarebbe tutto per noi, dunque. Fingiamo di credere che queste meravigliose creature non possano aspettarsi nulla di meglio della crudeltà che gli riserviamo. Molti sono nati in gabbia, e ci fanno sentire dei salvatori persino pietosi.
La festa di Sacile, ed altre simili, è percepita come un’esibizione di bellezza, una gara canora.
Ai più sfugge il fatto che si tratti di una mostra delle atrocità. Perché di questo si tratta.
Che si celebri l’ingiustizia allora!
A guardarci da fuori, ad occhi ben aperti ci accorgeremmo probabilmente di come siamo ridotti.
Una folla di automi che si aggira tra i carcerati, tra prigionieri eccellenti.
E che nessuno guardi il cielo.
Ci accorgeremmo che è vuoto.

Emilio Maggio e Laura Lucchini
Emilio Maggio – Ha studiato “Teoria e Tecnica delle Comunicazioni di Massa” e si occupa di storia e critica del cinema. Collabora con la rivista di critica antispecista Liberazioni.
Laura Lucchini è attivista di Animal Equality Italia, organizzazione internazionale no-profit per i diritti animali.

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