sabato 20 luglio 2013

vivisezione

« Molti vivisettori sono pezzi grossi, chirurghi che si fanno pagare milioni per un intervento operatorio».

«Qui a Padova, assieme al collega dott. Antonio Rizzoli, stiamo cercando di condurre una campagna che scuota l'opinione pubblica contro i quotidiani abusi, sevizie e maltrattamenti compiuti su animali da Cliniche e Istituti Universitari, in nome di una scienza che è solo carrierismo e necessità di docenza.

Abbiamo inviato due lettere a Il Gazzettino pubblicate il 17 aprile e il 20 maggio u. s. Abbiamo inoltre denunciato attraverso la sezione patavina dell'ENPA il Direttore dell'Istituto di Farmacologia per maltrattamento di animale vivisezionato, senza anestesia anche locale.

«Allego anche fotocopia dell'articolo apparso su Il Gazzettino il 30 aprile u. s. denunciarne i maltrattamenti dei cani da parte del prof. Luigi Condorelli direttore dell'Università di Roma
(maltrattamenti subito smentiti dallo stesso prof. Condorelli) assieme alle fotocopie di due pubblicazioni su Il Progresso Medico, n. 2 e 3, del figlio M. Condorelli, pubblicate sul giornale medico diretto — guarda caso — dal... padre prof. Condorelli e dal prof. Valdoni.

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Come si può notare in questi due lavori, vengono riportati esperimenti condotti su centinaia di cani massacrati e squartati vivi senza la minima pietosa goccia di anestetico...»
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«È difficile combattere anche gli abusi che violano dimostrabilmente la legge», mi ha detto Silvia Rega, Presidente della sezione di Napoli dell'UAI.
IN ITALIA

In Italia, dove la massima parte degli esperimenti non sono altro che maldestre ripetizioni di quanto già è stato fatto decenni fa all'estero, vengono annualmente sacrificati un milione e mezzo di animali, molti dei quali torturati a morte da sperimentatori dalla mano pesante e coscienza leggera, che poi presentano come lavori di avanguardia le loro «manipolazioni di bassa macelleria», come il prof. Hans Much definì la stragrande maggioranza delle vivisezioni.

Nel 1931 si varavano in Italia quelle leggi sulla vivisezione che pretendevano di proteggere gli animali ma che si dovevano risolvere in un trionfo per i vivisettori.
In quel periodo, scriveva nell’idea zoofila e zootecnica il prof. Enrico Ricca-Barberis, eminente clinico e biologo torinese, laureato in medicina e chirurgia, che aveva al suo attivo un trentennale esercizio della professione, specie nei laboratori biologici, che sono il teatro della vivisezione:
«Sono un competente e non posso fare a meno di dare ragione a quegli "incompetenti" antivivisezionisti. Ho constatato gli incredibili, inimmaginabili orrori della vivisezione. Io confermo che tutto ciò che una sadica e criminale fantasia potrebbe inventare in merito a torture e maltrattamenti è stato fatto e sorpassato. Inoltre devo sottolineare l'inutilità della vivisezione... Non mi è ancora stato dato di vedere una sola volta un animale cloroformizzato per un esperimento.

Invece strappi, spinte, percosse, bestemmie, urli e sghignazzate... Lo dico perché l'ho visto con i miei occhi, da parte del professore-senatore fino all'assistente, allo studente, all'inserviente. Quest’ultimo segue, con il suo intelletto meno istruito, gli esempi dei suoi superiori e così diventa un altro torturatore degli animali affidatigli, sia prima che dopo l'esperimento».

La parola a un medico dei nostri giorni, la dottoressa Alda Antonaz:

«Vorrei mettere a fuoco la putredine che si nasconde dietro il lucente sipario della cosiddetta ricerca scientifica basata sulla vivisezione. Ai tempi in cui era in auge in Italia la libera docenza, ci volevano una ventina di pubblicazioni per concorrere a questo titolo. Siccome la ricerca e l'osservazione clinica richiedono tempo, preparazione, pazienza, studio accurato ed amoroso dell'ammalato, e queste doti non sono di tutti, si ovviava alla superficialità ed alla frettolosità degli aspiranti massacrando un certo numero di animali sotto il punto di vista di un determinato fenomeno per poi valutarne i risultati con un metodo pseudostatistico, in quanto codesti signori dei metodi statistici veri non conoscevano nemmeno l'odore.

«Abolita la libera docenza, la vivisezione ha cominciato a presentare degli altri aspetti, altamente remunerativi.
Prima di tutto ci sono i contributi dello Stato e delle Regioni, pronti a sganciare quattrini a Enti pubblici e privati che sostengono di esplicare una determinata ricerca scientifica. E si tratta a volte di contributi di milioni.

Si son visti così dei liberi docenti in medicina, falliti ai concorsi per una cattedra universitaria, istruire, ex abrupto, degli istituti di ricerca, a mezzo dei quali, con la scusa della vivisezione, oltre a godere di un nutrito stipendio, mungono a piene mani gli enti pubblici per le spese che la sperimentazione comporta.
Prelevano i poveri cani dei canili municipali, ove non costano nulla, fanno una spilorcia economia di anestetici, garze, cotone e altro materiale di medicazione. C'è da domandarsi dove vadano a finire questi contributi dello Stato che, dopo tutto, sono soldi dei contribuenti... »

«Per dare una pallida idea della spaventosa approssimazione con cui si praticano in Italia gli esperimenti cruenti sugli animali, cito il caso realmente successo in un istituto universitario di un capoluogo di regione: istituto che aveva ricevuto ben 50 milioni dallo Stato per la ricerca scientifica. Si sperimentò l'azione farmacologica di un farmaco sulle arterie coronarie del cuore per studiarne l'azione vasodilatatrice nel seguente modo: furono prelevati dal canile municipale dieci cani di razza ed età indefinita, e a questi, in anestesia ma ancor vivi, fu strappato il cuore, che venne immerso in una soluzione nutriente che lo conservava in vita. Nelle arterie coronarie di quei cuori fu iniettata una soluzione concentrata del farmaco in esame e le arterie, sotto la pressione del liquido, si dilatarono, come si dilata un qualsiasi tubo di gomma quando vi si immette dell'acqua a pressione. Naturalmente il farmaco fu dichiarato miracoloso. In realtà esperimenti clinici successivi dimostrarono che, a parte la concentrazione che non poteva raggiungere nell'uomo quella iniettata nelle coronarie del cane, il farmaco stesso, se aveva una blanda azione dilatatrice sulle coronarie sane, era assolutamente inefficace su arterie che presentavano lesioni arteriosclerotiche». (Animali e Natura, lug. 1973.)

Altrettanto interessante è la lettera indirizzata all'UAI in data 17-7-1969 dal dott. Armando Marzotto dell'Istituto di Chimica Organica presso l'Università di Padova, controfirmata dal suo collega dott. Antonio Rizzoli, specialista in neurologia e operante presso l'Istituto di Chimica Biologica della medesima università:

«Qui a Padova, assieme al collega dott. Antonio Rizzoli, stiamo cercando di condurre una campagna che scuota l'opinione pubblica contro i quotidiani abusi, sevizie e maltrattamenti compiuti su animali da Cliniche e Istituti Universitari, in nome di una scienza che è solo carrierismo e necessità di docenza. Abbiamo inviato due lettere a Il Gazzettino pubblicate il 17 aprile e il 20 maggio u. s. Abbiamo inoltre denunciato attraverso la sezione patavina dell'ENPA il Direttore dell'Istituto di Farmacologia per maltrattamento di animale vivisezionato, senza anestesia anche locale. Conto molto sulla pubblicità che tale azione giudiziaria dovrebbe sollevare anche se la denuncia non ha avuto seguito. (È la sorte di quasi tutte queste denunce - N. d. A.)
«Allego anche fotocopia dell'articolo apparso su Il Gazzettino il 30 aprile u. s. denunciarne i maltrattamenti dei cani da parte del prof. Luigi Condorelli direttore dell'Università di Roma (maltrattamenti subito smentiti dallo stesso prof. Condorelli) assieme alle fotocopie di due pubblicazioni su Il Progresso Medico, n. 2 e 3, del figlio M. Condorelli, pubblicate sul giornale medico diretto — guarda caso — dal... padre prof. Condorelli e dal prof. Valdoni. Come si può notare in questi due lavori, vengono riportati esperimenti condotti su centinaia di cani massacrati e squartati vivi senza la minima pietosa goccia di anestetico...»


«È difficile combattere anche gli abusi che violano dimostrabilmente la legge», mi ha detto Silvia Rega, Presidente della sezione di Napoli dell'UAI.

« Molti vivisettori sono pezzi grossi, chirurghi che si fanno pagare milioni per un intervento operatorio. Chi vuol rischiare di renderseli nemici per rendere giustizia a un animale randagio, ormai già morto? E loro possono pagarsi grossi avvocati, mentre l'UAI ha pochissimi soldi. Finisce che alcuni dei nostri soci, sempre le stesse sette o otto persone, devono mettere mano al portafoglio solo per convincere un avvocato a sporgere denuncia. Tra i vari docenti di crudeltà che abbiamo a Napoli ce n'è uno famoso che tortura i gatti nelle centrifughe e che è parente stretto di un alto magistrato. Che sorte può avere una denuncia sporta contro di lui? Abbiamo sporto denunce contro il prof. Pietro de Franciscis, i professori Del Torto padre e figlio, il prof. Mario Condorelli, figlio del Condorelli di Roma già denunciato per taglio di corde vocali. Le denunce non hanno seguito, o i processi si trascinano per anni, o si risolvono in un'assoluzione. E anche se riuscissimo a vincere una causa, il tutto si risolverebbe con un'ammenda di poche migliaia di lire.»

Il noto veterinario napoletano dott. Guido Fraticelli, che come guardia zoofila dell'ENPA è preposto ai controlli, mi ha scritto in data 3 giugno 1973 in seguito a una mia domanda:
«Da molti anni ho inviato al medico provinciale di Napoli numerose denunce riflettenti abusi e irregolarità vivisezioniste nei laboratori anche universitari: denunce che non sono mai state inoltrate al magistrato competente». (Come sarebbe stato l'obbligo del medico provinciale. - N. d. A.)




Tratto da Imperatrice Nuda (1976) al capitolo: IN ITALIA -http://www.hansruesch.net/articoli/Imperatrice%20Nuda%20(1976).pdf


Scaricabile anche da questo link: http://www.dmi.unipg.it/~mamone/sci-dem/nuocontri_1/ruesch_IN.pdf


VEDI:
http://www.hansruesch.net/ 

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