Occorre dire che, personalmente, Claude Bernard sopportava malissimo ogni sofferenza e disagio? Occorre dirlo, perché è un tratto che tutti i vivisettori hanno in comune.
« Ho visto di questi miserabili», mi ha assicurato un dentista parig...Visualizza altro
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LA DOTTRINA
Scorriamo dapprima quello che è universalmente considerato il capolavoro letterario di Claude Bernard: l'Introduction à la médecine expérimentale, che d'ora innanzi verrà definita solo l'lntroduction. Il riferimento delle pagine riguarda l'edizione di Garnier-Flammarion, Parigi, 1966.
«Tutto ciò che si ottiene con gli animali è perfettamente concludente per l'uomo» (p. 153).
«Gli esperimenti fatti su animali, con sostanze deleterie oppure in condizioni nocive, sono perfettamente conclusivi per la tossicologia e l'igiene dell'uomo. Le ricerche sulle sostanze medicamentose o tossiche sono egualmente del tutto applicabili all’uomo dal punto di vista terapeutico» (p. 180).
Nessuno dei tanti errori che il galenismo aveva imposto per quindici secoli al mondo occidentale è paragonabile, per gravità e conseguenze, a questo errore fondamentale che Claude Bernard ha affermato e ribadito e tramandato a generazioni di medici e fisiologi e biologi di mezzo mondo: errore che nonostante la schiacciante evidenza contraria nel frattempo accumulatasi, e sempre crescente, è assurto a potere di dogma per la scienza medica "ufficiale", quasi interamente basata sulla vivisezione.
Oggigiorno ogni medico sa che la vita o la psiche o comunque fattori imponderabili influenzano, sì, e in modo diverso di volta in volta e da individuo a individuo, le reazioni di qualsiasi essere vivente; nonostante ciò, il dogma bernardiano non è stato ripudiato, e il "bernardismo" è diventato un nuovo galenismo, non meno irto di errori di quello, ma infinitamente più rovinoso e disumano.
Claude Bernard aveva convinto una Francia che si stava svegliando alle conquiste tecnologiche che la ricerca medica era una scienza esatta come la matematica; che qualsiasi conquista in campo medico era non solo possibile ma imminente, purché si respingesse l'idea che "la vita' potesse avere la minima influenza sull'organismo; e ciò perché "la vita" non è cosa concreta, misurabile, pesabile.
Claude Bernard ha ripetuto questo suo concetto fondamentale innumerevoli volte, in forme sempre diverse:
« Il vitalismo, che può avere altrettante sfumature che individui, è la negazione della scienza e l'abbandono di ogni specie di ricerca, per darsi alle fantasie dell'immaginazione» (p. 202).
E a p. 258 aveva così criticato un medico "vitalista":
«Gerdy credeva che la vitalità dell'uno non era la vitalità dell'altro, e che di conseguenza dovevano esistere, tra gli individui, delle differenze che era impossibile determinare. Non volle abbandonare la sua idea, si trincerò dietro la parola vitalità, e non fu possibile fargli capire che era una parola priva di significato, che non rispondeva a nulla».
Secondo Claude Bernard, tutto quanto concerneva l'organismo vivente poteva essere ridotto a una formula precisa, come qualsiasi corps brut, "corpo bruto", ossia materia inerte. Era diventato di moda nella Parigi intellettuale, già prima dell'apparizione dell'Introduction, di andare ad ascoltare le conferenze di un uomo che presentava idee così rivoluzionarie; tra i molti nomi illustri dell'epoca si notava di volta in volta la presenza del principe di Galles, del conte di Parigi, dell'imperatore del Brasile. Furono quelle conferenze, alcune pubblicate dalla Revue des Deux Mondes, a formare la base dell'Introduction, il volume che doveva assicurargli la celebrità che il teatro gli aveva negato.
Volendo coprire tutti gli aspetti della sperimentazione nell’Introduction, Bernard ne esamina brevemente anche il lato etico, e conclude che, siccome l'uomo si serve degli animali per tutti gli usi della vita, «sarebbe ben strano vietargli di usarli per istruirsi». Il pensiero delle torture non sembra punto sfiorarlo.
Occorre dire che, personalmente, Claude Bernard sopportava malissimo ogni sofferenza e disagio? Occorre dirlo, perché è un tratto che tutti i vivisettori hanno in comune. « Ho visto di questi miserabili», mi ha assicurato un dentista parigino, «pallidi e tremanti quando dovevano prendere posto sulla mia seggiola, implorarmi, per carità, di non farli soffrire.»
A nessuno piace soffrire, è vero; è umano. Ma c'è chi affronta sofferenze e disagi con maggiore o minore dignità. Sarebbe sorprendente che individui come i vivisettori non siano anche tanto vigliacchi da piagnucolare costantemente sui propri malanni.
Scrive ancora Mauriac: «A partire dal 1877, la corrispondenza di Claude Bernard non è più che una lunga lamentela. "Continuo a vivere, ossia a soffrire." Dolori sciatici, un'enterite cronica, la luna storta, un'irritabilità anormale, un grande scetticismo verso tutta la terapeutica, facevano di lui un malato sconfitto».
Alle sofferenze di Claude Bernard, vere o immaginarie, si aggiunge, come già in occasione della morte dei suoi figlioletti, l'amaro riconoscimento della propria nullità come medico, dell'ignoranza più completa in campo diagnostico e terapeutico ; ignoranza che le torture da lui inflitte a migliaia di animali non erano riuscite a dissipare ma solo a vieppiù infittire. A un dato punto, Claude Bernard attribuisce il proprio male oscuro a ragioni psichiche, per la sconfitta della patria nella guerra franco-prussiana: senza rendersi conto che tale diagnosi, magari indovinatissima, infrangeva tutta la sua teoria meccanicista.
Ancora più rivelatrice della vera essenza dell'uomo è la sua opera postuma, Principes de Médecine Expérimentale, composta dei suoi appunti presi dal 1862 al 1878, anno della sua morte, e che d'ora innanzi verrà definita semplicemente Médecine.
All'inizio vi si ritrovano i concetti di sempre: «Dimostro che si può agire sui corpi viventi come sui corpi inerti ; è la base » (p. 19.)
Ma poi, progredendo negli anni, ci si accorge che dubbi sempre più sconcertanti cominciano a disturbare quella mente meccanicista che non riesce più a ignorare l'evidenza del "vitalismo" individuale.
Difatti, Claude Bernard si è accorto nientemeno che la "materia inerte" e i "corpi viventi" non sono la medesima cosa: «La materia inerte non ha nessuna spontaneità di per se stessa, alcuna differenza individuale; allora si può essere sicuri del risultato ottenuto. Ma quando si tratta di un essere vivente, l'individualità apporta un elemento di complessità spaventevole; oltre alle condizioni esteriori, occorre considerare anche le condizioni organiche intrinseche, quelle che io chiamo l'ambiente interiore» (p. 145). Una "scoperta" dovuta a chissà quanti esperimenti contraddittori, che lo spaventa, perché scuote la base della sua dottrina meccanicista, rischia di rivelare l'inutilità di tutta una vita di "scienziato".
Forse le smentite impietose dategli dai suoi esperimenti hanno già cominciato a sconvolgergli il cervello; sicuramente gli turbano la vena letteraria, offuscandogli lo stile e anche la logica: perché se l'Introduction esprimeva con chiarezza idee che solo il tempo doveva dimostrare errate, in Médecine perfino il pensiero è sovente nebuloso e l'autore perde il filo, come alla fine del seguente paragrafo:
«È stato detto: come si pretende di concludere, visto che ci sono sostanze che avvelenano l'uomo ma non gli animali. È stato citato il porcospino che non viene avvelenato dall'acido prussico, la capra che mangia la belladonna, le pecore che ingeriscono dosi enormi di arsenico, i rospi che non si avvelenano col loro proprio veleno, i pesci di mare che non sentono l'influenza del sale. Tutte queste cose sono false come spiegazione; perché se si ammettesse questo, la scienza sarebbe impossibile » (p. 249).
Claude Bernard, accortosi che il ragionamento non è chiaro, tenta di apportarvi qualche lume, ma riesce solo a renderlo ancora più oscuro, con questa nota in calce:
«Bisogna essere schiavo d'un fatto; è un fatto brutale, si dice, e si crede di dire una cosa molto scientifica... Uno sperimentatore che avesse avvelenato un rospo col suo veleno senza risultato dirà: "Sono coerente; sì, però ci sono dei fatti ai quali non si può credere poiché lo spirito ha la certezza che le cose stanno diversamente". Non ho potuto credere al rospo a causa di questo. Avrei dovuto, se non fossi riuscito, dare le mie dimissioni di fisiologo ».
Nemmeno il dott. Delhoume, che ha abbondantemente annotato il libro, si è sentito in grado di dipanare questa spaventevole matassa bernardiana.
«Io non ammetto che sia morale provare sui malati dei rimedi più o meno pericolosi senza averli preventivamente sperimentati sui cani ; poiché io dimostrerò più in là che tutto ciò che si ottiene con gli animali è perfettamente concludente per l'uomo.» Così aveva scritto Claude Bernard nell'Introduction (p. 153).
E i critici dell'epoca che avevano portato alle stelle quella sua opera non potevano sapere, come sappiamo noi oggi, che questo dogma dell'apostolo conteneva due errori macroscopici. Scientificamente era errato perché oggi nemmeno il più sprovveduto ricercatore oserebbe affermare che provando sui cani un nuovo rimedio si otterrebbero indicazioni «perfettamente concludenti per l'uomo»; e moralmente era falso perché Claude Bernard non ebbe alcuno scrupolo a predicare anche la vivisezione umana, sicché le ragioni morali da lui addotte non erano altro che un pretesto per giustificare i suoi allucinanti esercizi sugli animali: l'identico ipocrito pretesto dei ricercatori odierni.
Difatti in Médecine, che egli non aveva avuto modo di purgare prima della stampa e pertanto rifletteva il suo vero pensiero, Claude Bernard aveva rivelato una morale ben diversa: dopo averci sorpreso contraddicendo tutte le sue precedenti opinioni, con l'affermazione che «l'anatomia patologica non ha dunque affatto l'importanza che si vorrebbe darle» (!), egli auspica bellamente la vivisezione umana: argomento sul quale torneremo nel capitolo Cavie umane.
A quell'epoca Bernard forse non osava neppure sperare che mezzo secolo dopo, la disumanizzazione alla quale egli aveva tanto contribuito con l'esempio e la parola, avrebbe portato a esperimenti di vivisezione umana su decine di migliaia d'individui altrettanto indifesi quanto gli animali nel suo squallido scantinato: i prigionieri nei campi di sterminio nazisti; e non da parte di aguzzini carcerari, ma di medici titolati, allevati alla scuola vivisezionista di cui egli era stato il principale apostolo.
Scotta a Claude Bernard anche il ricordo delle sue aspre polemiche con i medici "vitalisti", secondo i quali non si poteva trasformare la medicina in una scienza esatta; tra essi, l'illustre Bichat, il grande naturalista Cuvier, lo stesso Pasteur. Claude Bernard li aveva contraddetti e ridicolizzati nelle sue conferenze, nei suoi articoli e nell'Introduction. E ora stavano lì, quelle pagine, stampate, pubblicate, innegabili.
Ma che il Gran Sacerdote rinnegasse la falsa divinità che egli aveva spacciato per valida al mondo scientifico era inconcepibile. Ci andava di mezzo l'onore della Francia, il prestigio della Scienza, ma anzitutto la vanità d'un uomo acclamato come il fondatore di una nuova epoca, coperto di onori ottenuti sulle sofferenze altrui, accolto nell'Accademia delle Scienze e nell'Accademia Francese e nel Senato dell'Impero.
Soltanto a Madame Raffalovich, la sua confidente che più tardi donerà all'Accademia delle Scienze tutta la loro corrispondenza, Claude Bernard verso la fine dei suoi giorni confessa in una delle sue lettere, mostrando anche un ritorno di fiamma letteraria: «Nell'autunno della vita le illusioni si staccano dall'anima a una a una, come le foglie cadono dagli alberi nell'autunno dell'anno».
Parole che si potrebbero definire commoventi se non si sapesse di quanto sangue e pus grondava la mano che le ha scritte, quali urli erano stati necessari per far crollare le stolte illusioni di un individuo vanitoso e crudele. E le illusioni continueranno a cadere come tante foglie d'autunno, finché l'albero sarà del tutto spoglio e sul letto di morte, circondato da colleghi ma assente la famiglia, Claude Bernard ammetterà : «Le nostre mani sono vuote, e solo la nostra bocca è piena di promesse».
Forse per i vivisettori l'ora della verità arriva solo sul letto di morte? Troppo tardi, signori.
I suoi biografi furono unanimi nell'affermare che quando Claude Bernard morì «tutta la Francia pianse». È un'esagerazione. Ci furono almeno tre persone che quel giorno non piansero: la moglie e le figlie.
Tratto da: Imperatrice Nuda al capitolo "LA DOTTRINA"
http://www.hansruesch.net/articoli/Imperatrice%20Nuda%20(1976).pdf
Il pdf di Imperatrice Nuda scaricabile anche da questo link :http://www.dmi.unipg.it/~mamone/sci-dem/nuocontri_1/ruesch_IN.pdf
vedi anche: http://www.hansruesch.net/
Scorriamo dapprima quello che è universalmente considerato il capolavoro letterario di Claude Bernard: l'Introduction à la médecine expérimentale, che d'ora innanzi verrà definita solo l'lntroduction. Il riferimento delle pagine riguarda l'edizione di Garnier-Flammarion, Parigi, 1966.
«Tutto ciò che si ottiene con gli animali è perfettamente concludente per l'uomo» (p. 153).
«Gli esperimenti fatti su animali, con sostanze deleterie oppure in condizioni nocive, sono perfettamente conclusivi per la tossicologia e l'igiene dell'uomo. Le ricerche sulle sostanze medicamentose o tossiche sono egualmente del tutto applicabili all’uomo dal punto di vista terapeutico» (p. 180).
Nessuno dei tanti errori che il galenismo aveva imposto per quindici secoli al mondo occidentale è paragonabile, per gravità e conseguenze, a questo errore fondamentale che Claude Bernard ha affermato e ribadito e tramandato a generazioni di medici e fisiologi e biologi di mezzo mondo: errore che nonostante la schiacciante evidenza contraria nel frattempo accumulatasi, e sempre crescente, è assurto a potere di dogma per la scienza medica "ufficiale", quasi interamente basata sulla vivisezione.
Oggigiorno ogni medico sa che la vita o la psiche o comunque fattori imponderabili influenzano, sì, e in modo diverso di volta in volta e da individuo a individuo, le reazioni di qualsiasi essere vivente; nonostante ciò, il dogma bernardiano non è stato ripudiato, e il "bernardismo" è diventato un nuovo galenismo, non meno irto di errori di quello, ma infinitamente più rovinoso e disumano.
Claude Bernard aveva convinto una Francia che si stava svegliando alle conquiste tecnologiche che la ricerca medica era una scienza esatta come la matematica; che qualsiasi conquista in campo medico era non solo possibile ma imminente, purché si respingesse l'idea che "la vita' potesse avere la minima influenza sull'organismo; e ciò perché "la vita" non è cosa concreta, misurabile, pesabile.
Claude Bernard ha ripetuto questo suo concetto fondamentale innumerevoli volte, in forme sempre diverse:
« Il vitalismo, che può avere altrettante sfumature che individui, è la negazione della scienza e l'abbandono di ogni specie di ricerca, per darsi alle fantasie dell'immaginazione» (p. 202).
E a p. 258 aveva così criticato un medico "vitalista":
«Gerdy credeva che la vitalità dell'uno non era la vitalità dell'altro, e che di conseguenza dovevano esistere, tra gli individui, delle differenze che era impossibile determinare. Non volle abbandonare la sua idea, si trincerò dietro la parola vitalità, e non fu possibile fargli capire che era una parola priva di significato, che non rispondeva a nulla».
Secondo Claude Bernard, tutto quanto concerneva l'organismo vivente poteva essere ridotto a una formula precisa, come qualsiasi corps brut, "corpo bruto", ossia materia inerte. Era diventato di moda nella Parigi intellettuale, già prima dell'apparizione dell'Introduction, di andare ad ascoltare le conferenze di un uomo che presentava idee così rivoluzionarie; tra i molti nomi illustri dell'epoca si notava di volta in volta la presenza del principe di Galles, del conte di Parigi, dell'imperatore del Brasile. Furono quelle conferenze, alcune pubblicate dalla Revue des Deux Mondes, a formare la base dell'Introduction, il volume che doveva assicurargli la celebrità che il teatro gli aveva negato.
Volendo coprire tutti gli aspetti della sperimentazione nell’Introduction, Bernard ne esamina brevemente anche il lato etico, e conclude che, siccome l'uomo si serve degli animali per tutti gli usi della vita, «sarebbe ben strano vietargli di usarli per istruirsi». Il pensiero delle torture non sembra punto sfiorarlo.
Occorre dire che, personalmente, Claude Bernard sopportava malissimo ogni sofferenza e disagio? Occorre dirlo, perché è un tratto che tutti i vivisettori hanno in comune. « Ho visto di questi miserabili», mi ha assicurato un dentista parigino, «pallidi e tremanti quando dovevano prendere posto sulla mia seggiola, implorarmi, per carità, di non farli soffrire.»
A nessuno piace soffrire, è vero; è umano. Ma c'è chi affronta sofferenze e disagi con maggiore o minore dignità. Sarebbe sorprendente che individui come i vivisettori non siano anche tanto vigliacchi da piagnucolare costantemente sui propri malanni.
Scrive ancora Mauriac: «A partire dal 1877, la corrispondenza di Claude Bernard non è più che una lunga lamentela. "Continuo a vivere, ossia a soffrire." Dolori sciatici, un'enterite cronica, la luna storta, un'irritabilità anormale, un grande scetticismo verso tutta la terapeutica, facevano di lui un malato sconfitto».
Alle sofferenze di Claude Bernard, vere o immaginarie, si aggiunge, come già in occasione della morte dei suoi figlioletti, l'amaro riconoscimento della propria nullità come medico, dell'ignoranza più completa in campo diagnostico e terapeutico ; ignoranza che le torture da lui inflitte a migliaia di animali non erano riuscite a dissipare ma solo a vieppiù infittire. A un dato punto, Claude Bernard attribuisce il proprio male oscuro a ragioni psichiche, per la sconfitta della patria nella guerra franco-prussiana: senza rendersi conto che tale diagnosi, magari indovinatissima, infrangeva tutta la sua teoria meccanicista.
Ancora più rivelatrice della vera essenza dell'uomo è la sua opera postuma, Principes de Médecine Expérimentale, composta dei suoi appunti presi dal 1862 al 1878, anno della sua morte, e che d'ora innanzi verrà definita semplicemente Médecine.
All'inizio vi si ritrovano i concetti di sempre: «Dimostro che si può agire sui corpi viventi come sui corpi inerti ; è la base » (p. 19.)
Ma poi, progredendo negli anni, ci si accorge che dubbi sempre più sconcertanti cominciano a disturbare quella mente meccanicista che non riesce più a ignorare l'evidenza del "vitalismo" individuale.
Difatti, Claude Bernard si è accorto nientemeno che la "materia inerte" e i "corpi viventi" non sono la medesima cosa: «La materia inerte non ha nessuna spontaneità di per se stessa, alcuna differenza individuale; allora si può essere sicuri del risultato ottenuto. Ma quando si tratta di un essere vivente, l'individualità apporta un elemento di complessità spaventevole; oltre alle condizioni esteriori, occorre considerare anche le condizioni organiche intrinseche, quelle che io chiamo l'ambiente interiore» (p. 145). Una "scoperta" dovuta a chissà quanti esperimenti contraddittori, che lo spaventa, perché scuote la base della sua dottrina meccanicista, rischia di rivelare l'inutilità di tutta una vita di "scienziato".
Forse le smentite impietose dategli dai suoi esperimenti hanno già cominciato a sconvolgergli il cervello; sicuramente gli turbano la vena letteraria, offuscandogli lo stile e anche la logica: perché se l'Introduction esprimeva con chiarezza idee che solo il tempo doveva dimostrare errate, in Médecine perfino il pensiero è sovente nebuloso e l'autore perde il filo, come alla fine del seguente paragrafo:
«È stato detto: come si pretende di concludere, visto che ci sono sostanze che avvelenano l'uomo ma non gli animali. È stato citato il porcospino che non viene avvelenato dall'acido prussico, la capra che mangia la belladonna, le pecore che ingeriscono dosi enormi di arsenico, i rospi che non si avvelenano col loro proprio veleno, i pesci di mare che non sentono l'influenza del sale. Tutte queste cose sono false come spiegazione; perché se si ammettesse questo, la scienza sarebbe impossibile » (p. 249).
Claude Bernard, accortosi che il ragionamento non è chiaro, tenta di apportarvi qualche lume, ma riesce solo a renderlo ancora più oscuro, con questa nota in calce:
«Bisogna essere schiavo d'un fatto; è un fatto brutale, si dice, e si crede di dire una cosa molto scientifica... Uno sperimentatore che avesse avvelenato un rospo col suo veleno senza risultato dirà: "Sono coerente; sì, però ci sono dei fatti ai quali non si può credere poiché lo spirito ha la certezza che le cose stanno diversamente". Non ho potuto credere al rospo a causa di questo. Avrei dovuto, se non fossi riuscito, dare le mie dimissioni di fisiologo ».
Nemmeno il dott. Delhoume, che ha abbondantemente annotato il libro, si è sentito in grado di dipanare questa spaventevole matassa bernardiana.
«Io non ammetto che sia morale provare sui malati dei rimedi più o meno pericolosi senza averli preventivamente sperimentati sui cani ; poiché io dimostrerò più in là che tutto ciò che si ottiene con gli animali è perfettamente concludente per l'uomo.» Così aveva scritto Claude Bernard nell'Introduction (p. 153).
E i critici dell'epoca che avevano portato alle stelle quella sua opera non potevano sapere, come sappiamo noi oggi, che questo dogma dell'apostolo conteneva due errori macroscopici. Scientificamente era errato perché oggi nemmeno il più sprovveduto ricercatore oserebbe affermare che provando sui cani un nuovo rimedio si otterrebbero indicazioni «perfettamente concludenti per l'uomo»; e moralmente era falso perché Claude Bernard non ebbe alcuno scrupolo a predicare anche la vivisezione umana, sicché le ragioni morali da lui addotte non erano altro che un pretesto per giustificare i suoi allucinanti esercizi sugli animali: l'identico ipocrito pretesto dei ricercatori odierni.
Difatti in Médecine, che egli non aveva avuto modo di purgare prima della stampa e pertanto rifletteva il suo vero pensiero, Claude Bernard aveva rivelato una morale ben diversa: dopo averci sorpreso contraddicendo tutte le sue precedenti opinioni, con l'affermazione che «l'anatomia patologica non ha dunque affatto l'importanza che si vorrebbe darle» (!), egli auspica bellamente la vivisezione umana: argomento sul quale torneremo nel capitolo Cavie umane.
A quell'epoca Bernard forse non osava neppure sperare che mezzo secolo dopo, la disumanizzazione alla quale egli aveva tanto contribuito con l'esempio e la parola, avrebbe portato a esperimenti di vivisezione umana su decine di migliaia d'individui altrettanto indifesi quanto gli animali nel suo squallido scantinato: i prigionieri nei campi di sterminio nazisti; e non da parte di aguzzini carcerari, ma di medici titolati, allevati alla scuola vivisezionista di cui egli era stato il principale apostolo.
Scotta a Claude Bernard anche il ricordo delle sue aspre polemiche con i medici "vitalisti", secondo i quali non si poteva trasformare la medicina in una scienza esatta; tra essi, l'illustre Bichat, il grande naturalista Cuvier, lo stesso Pasteur. Claude Bernard li aveva contraddetti e ridicolizzati nelle sue conferenze, nei suoi articoli e nell'Introduction. E ora stavano lì, quelle pagine, stampate, pubblicate, innegabili.
Ma che il Gran Sacerdote rinnegasse la falsa divinità che egli aveva spacciato per valida al mondo scientifico era inconcepibile. Ci andava di mezzo l'onore della Francia, il prestigio della Scienza, ma anzitutto la vanità d'un uomo acclamato come il fondatore di una nuova epoca, coperto di onori ottenuti sulle sofferenze altrui, accolto nell'Accademia delle Scienze e nell'Accademia Francese e nel Senato dell'Impero.
Soltanto a Madame Raffalovich, la sua confidente che più tardi donerà all'Accademia delle Scienze tutta la loro corrispondenza, Claude Bernard verso la fine dei suoi giorni confessa in una delle sue lettere, mostrando anche un ritorno di fiamma letteraria: «Nell'autunno della vita le illusioni si staccano dall'anima a una a una, come le foglie cadono dagli alberi nell'autunno dell'anno».
Parole che si potrebbero definire commoventi se non si sapesse di quanto sangue e pus grondava la mano che le ha scritte, quali urli erano stati necessari per far crollare le stolte illusioni di un individuo vanitoso e crudele. E le illusioni continueranno a cadere come tante foglie d'autunno, finché l'albero sarà del tutto spoglio e sul letto di morte, circondato da colleghi ma assente la famiglia, Claude Bernard ammetterà : «Le nostre mani sono vuote, e solo la nostra bocca è piena di promesse».
Forse per i vivisettori l'ora della verità arriva solo sul letto di morte? Troppo tardi, signori.
I suoi biografi furono unanimi nell'affermare che quando Claude Bernard morì «tutta la Francia pianse». È un'esagerazione. Ci furono almeno tre persone che quel giorno non piansero: la moglie e le figlie.
Tratto da: Imperatrice Nuda al capitolo "LA DOTTRINA"
http://www.hansruesch.net/articoli/Imperatrice%20Nuda%20(1976).pdf
Il pdf di Imperatrice Nuda scaricabile anche da questo link :http://www.dmi.unipg.it/~mamone/sci-dem/nuocontri_1/ruesch_IN.pdf
vedi anche: http://www.hansruesch.net/
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