venerdì 19 luglio 2013

vivisezione

(...) Gli antivivisezionisti si dividono generalmente in due gruppi, "controllisti" e "abolizionisti", che si accusano a vicenda di ritardare il progresso della causa. I controllisti comprendono soprattutto veterinari e medici che non osano...Visualizza altro
I MOVIMENTI

Ogni azione provoca una reazione: e pertanto non è un caso che proprio colui che riuscì a dare a uno dei più turpi istinti umani il nome di scienza, Claude Bernard, abbia suo malgrado generato il primo movimento antivivisezionista organizzato al mondo: quello inglese; e che pochi anni dopo furono la sua vedova e le sue figlie, testimoni di tante efferatezze, a dare la spinta verso la prima Lega antivivisezionista francese, che si costituì nel 1883 e di cui Victor Hugo, che rappresentava non solo l'intelletto ma anche l'anima della Francia, fu fiero di accettare la Presidenza, dichiarando nel suo discorso inaugurale:

«La vivisezione è un crimine!»

Il primo movimento organizzato al mondo nacque esattamente un secolo fa per merito di quel giovane fisiologo inglese George Hoggan che Claude Bernard, allora all'apice della sua fama, aveva voluto come suo assistente di laboratorio. Senonché dopo quattro mesi di collaborazione un Hoggan nauseato abbandonò di punto in bianco il laboratorio bernardiano, ritornò in Inghilterra, e in una lunga lettera che apparve sul Morning Post il 1° febbraio 1875, denunciò gli orrori e l'inutilità degli esperimenti a cui aveva dovuto assistere nonché l'inumanità e il cinismo di coloro che li compivano. Scrisse tra l'altro:

«Degli esperimenti a cui ho assistito, nemmeno uno era giustificato o necessario. L'idea di agire per il bene dell'umanità non esisteva, sarebbe stata derisa. Si trattava unicamente di non farsi mettere in ombra dagli sperimentatori rivali, anche a costo d'infliggere senza alcuna necessità inaudite torture ai poveri animali... Ho visto centinaia di volte che quando un cane sussultava sotto i ferri, veniva calmato a suon di percosse e di urla...»
Quelle rivelazioni incendiarono l'opinione pubblica della nazione che era all'avanguardia non solo dell'arte medica dell'epoca, ma anche di tutte le cause umanitarie. Nacque immediatamente una lega antivivisezionista, con l'appoggio dei più grandi nomi d'Inghilterra, tra cui la regina Vittoria che incaricò il suo Primo Ministro Disraeli di nominare un apposito comitato d'inchiesta.
Dinanzi a questa Royal Commission vennero convocati a testimoniare i più noti medici e scienziati dell'epoca, tra cui Charles Darwin e Robert Koch, e il rapporto di quel comitato fornì la base per le leggi inglesi sulla vivisezione che, varate l'anno seguente, sarebbero servite da modello per quasi tutti gli altri paesi civili.
Tuttavia in nessun paese la regolamentazione è riuscita ad arginare il dilagare degli esperimenti.

Esiste una differenza fondamentale tra la lotta antivivisezionista e tutte le altre lotte zoofile. Chi attacca la caccia come un divertimento crudele, si crea nemici soltanto tra i cacciatori e i fabbricanti di fucili. Chi attacca le crudeltà commesse per produrre certi film, non rischia insulti nemmeno da parte dei produttori del film, i quali si contentano di rintanarsi dietro le loro lussuose scrivanie, facendo finta di niente. Rimane incolume anche chi denuncia i micidiali trasporti dei bovini accatastati per settimane nei carri bestiame, esposti alla sete, al freddo, al soffocamento, mentre ai tori che abbiano avuto l'impudenza di ribellarsi al momento del carico sono stati spenti gli occhi a coltellate. Ma chi attacca la vivisezione si espone ai più feroci insulti, non solo da parte dei vivisettori, che vedono in pericolo i loro sussidi, ma sovente anche di semplici cittadini male informati o privi di qualsiasi senso morale, che parlano di "progresso" al quale non bisogna opporre il "sentimentalismo" degli oppositori; e prima o poi qualcuno sventola sempre l'accusa che «Voi preferite veder morire un bambino anziché un cane»; come se nessun antivivisezionista avesse mai avuto figli, o non fosse mai stato malato o operato, o non avesse mai veduto persone care morire di cancro, o non avesse mai studiato medicina.
È proprio perché conosce tutto questo anche troppo bene che la maggior parte degli antivivisezionisti è impegnata nella lotta.

Gli antivivisezionisti si dividono generalmente in due gruppi, "controllisti" e "abolizionisti", che si accusano a vicenda di ritardare il progresso della causa. I controllisti comprendono soprattutto veterinari e medici che non osano schierarsi apertamente contro colleghi famosi e contro le ditte farmaceutiche, e chiedono che gli esperimenti vengano semplicemente limitati a quelli che essi chiamano "indispensabili".
Dunque tutte persone che non hanno mai saputo o voluto approfondire la questione della pratica vivisezionista dal punto di vista scientifico, e il cui senso morale per di più li porta ad approvare le crudeltà in cambio di un presunto vantaggio materiale.

Gli abolizionisti, indicando le statistiche, fanno osservare che i controlli non sono mai riusciti a ridurre gli esperimenti, ma servono solo a legalizzarli. Inoltre sono sicuri che l'abolizione farebbe fare un grande balzo avanti all'arte medica, obbligandola ad abbandonare la strada sbagliata per seguire vie scientificamente molto più giuste, anche se pecuniariamente meno redditizie.

Tra le file dei controllisti militano in vari paesi anche gli enti di Protezione Animali, che collaborano con i vivisettori. È il caso dell'Italia, dove l'ENPA ha accettato — pur di assicurarsi il sussidio statale di varie decine di milioni l'anno — lo statuto che lo obbliga a fornire animali randagi ai laboratori vivisezionisti.
L'argomento principale degli abolizionisti prescinde completamente dalla fallacia e dannosità della vivisezione, date comunque per scontate:
O l'uomo civile considera lecito torturare altri esseri sensibili per conseguire un presunto vantaggio materiale, oppure no.

Se lo considera lecito, allora non c'è ragione di istituire controlli o restrizioni di sorta. Se non lo considera lecito, allora s'impone la proibizione, per la medesima ragione per cui nessuno si è mai sognato di regolamentare l'assassinio.

Esiste il sospetto che nessuno meglio degli stessi vivisettori si renda conto che in effetti la sistematica tortura, per qualsiasi ragione avvenga, non è lecita: ed è per questo che essi insistono a lavorare al riparo dall'occhio pubblico. Il che dovrebbe bastare a squalificarli.

Forse molti controllisti sono in buona fede. Però io so che se fossi un vivisettore, tenterei di persuadere tutti i medici a dichiararsi antivivisezionisti, ma del partito controllista, come il mezzo più sicuro per perpetuare la vivisezione.




Tratto da Imperatrice Nuda al capitolo: I MOVIMENTI -http://www.hansruesch.net/articoli/Imperatrice%20Nuda%20(1976).pdf


Scaricabile anche da questo link:http://www.dmi.unipg.it/~mamone/sci-dem/nuocontri_1/ruesch_IN.pdf


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http://www.hansruesch.net/ 

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