venerdì 19 luglio 2013

vivisezione

Essendo per natura un animale conformista e gregario, l'uomo tende ad adattarsi alla maggioranza nell'abito mentale come in quello materiale. Ciò è comprensibile. Quel che riesce più difficile spiegare è la sua persistenza negli errori.
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LA GABBIA

Essendo per natura un animale conformista e gregario, l'uomo tende ad adattarsi alla maggioranza nell'abito mentale come in quello materiale. Ciò è comprensibile. Quel che riesce più difficile spiegare è la sua persistenza negli errori.
E quando finalmente riconosce un errore, l'uomo tende a sovrapporvene un altro, che spesso si rivelerà più grave del precedente.

E ciò che fece dire a Roscommon, poeta e critico irlandese del XVII secolo, che «la maggioranza ha sempre torto». Ed è interessante notare che gli errori sono dovuti tutti al ragionamento e quasi mai, e forse mai, all'intuito e all'istinto.

Aristotele, le cui idee furono considerate per molti secoli la massima espressione dell'intelligenza umana, affermava che un sasso grosso cade più velocemente di un sasso piccolo. Più che l'errore in sé, oggi può apparirci stupefacente che non sia mai venuto in mente né ad Aristotele né ad alcun altro individuo per secoli e secoli di controllare tale affermazione con un semplice esperimento. Ciò dimostra che il pensiero umano si è sempre mosso entro una gabbia ben delimitata, in conformità alla propria epoca.
La gabbia si sposta nel corso dei secoli, con le spinte che riceve dall'interno da qualche animo irrequieto, e copre un nuovo terreno; ma il pensiero continua a rimanere confinato entro i limiti della gabbia, da cui non può evadere.

All'epoca di Aristotele e per altri due millenni la gabbia non permise al pensiero umano di concepire l'esperimento, ossia di ricorrere al metodo sperimentale. Si dovette attendere un Cartesio per enunciarlo e alcuni suoi contemporanei per imporlo, come Galileo Galilei che volle mettere alla prova la teoria aristotelica dei due sassi e scoprì con sommo stupore che il sasso leggero cade alla medesima velocità del sasso pesante. L'umanità aveva atteso milioni d'anni per questa semplice constatazione.

L'idea di mettere ad arrostire in un forno cani vivi "per scoprire il segreto della febbre" poteva nascere solo in un cervello ingabbiato, severamente limitato da una concezione meccanicista della salute e della vita, come quello di Claude Bernard. Il fondatore della vivisezione moderna, a tutt'oggi definito un "genio", non sapeva distinguere tra causa ed effetto : non aveva capito che la temperatura di un malato era la conseguenza e non l'origine della malattia. E così la medicina attuale pretende di guarire una malattia mascherandone i sintomi.

La gabbia attuale permette all'uomo di sostare su di un territorio che al tempo di Aristotele era sconosciuto, ma non gli permette di accettare come dati di fatto alcuni valori che sono altrettanto determinanti per la comprensione del mondo e della vita quanto le formule chimiche e matematiche.
Il metodo cartesiano allargò rapidamente i confini del sapere, ma sprezzando deliberatamente il pensiero filosofico e l'intuito, sostituì un nuovo e macroscopico errore agli errori precedenti: errore che conteneva il seme della futura disfatta, poiché indusse gli scienziati ad allontanarsi, senza accorgersene, dalla verità, ossia proprio dagli ideali scientifici. Negando l'esistenza di tutto ciò che non è dimostrabile, essi si divorziarono dalla realtà della vita.


In un dibattito pubblico organizzato nel 1973 dal settimanale Epoca è stato affermato che «in laboratorio si può riprodurre esattamente un estrogeno naturale».
L'affermazione era del prof. Silvio Garattini, e l'Istituto di Ricerche, Farmacologiche "Mario Negri" di Milano da lui diretto era stato definito da Epoca (17-6-1973) «un centro tra i più importanti d'Europa per le ricerche sul cancro, sul sistema nervoso, sull'arteriosclerosi; oltre 400 pubblicazioni di diffusione internazionale testimoniano sui risultati dei suoi dieci anni di attività».

A parte il fatto che ci si può domandare quali mai possano essere i "risultati" di queste ricerche, visto che i tre malanni menzionati da Epoca non avevano cessato di aumentare nel corso di quei dieci anni, è evidente che il prof. Garattini personificava quella scienza medica moderna che si muove entro i confini di una gabbia cui si può solo dare il nome di bernardismo, perché limitata dai dogmi enunciati da Claude Bernard. Infatti la dichiarazione che «in laboratorio si può riprodurre esattamente un estrogeno naturale» — ossia che un farmaco combinato con polverine artificiali sarebbe identico a tutti gli effetti a un ormone sessuale naturale, organico, prodotto dall'organismo vivente — è da mettere alla pari con i dogmi di Claude Bernard, secondo cui una prova ottenuta sugli animali è perfettamente concludente per l'uomo.

Dunque un laboratorio, analizzato un estrogeno (ormone sessuale) naturale, ricavato da un organismo vivente, ne stabilisce la formula chimica, in base alla quale poi riproduce un prodotto teoricamente composto dai medesimi ingredienti chimici individuati nell'ormone originale e che quindi ha con questo una somiglianza teorica, convenzionale; tuttavia i due prodotti non possono essere identici, poiché dell'ormone naturale saranno state individuate soltanto le materie inerti, i corps bruts tanto cari a Claude Bernard; ma non gli elementi più importanti, ossia quelli che sfuggono, proprio per la loro natura vivente, a qualsiasi analisi chimica: perché provengono dalla vita stessa e sono condizionati da quel "vitalismo" che fece impazzire Claude Bernard mandando a monte tutti i suoi esperimenti.


Ma c'è di più: i prodotti artificiali contengono di solito sostanze deleterie, che le sostanze naturali che essi pretendono di imitare evidentemente non hanno.
Già circa un ventennio fa il capo del Reparto Chemioterapico dell'Istituto Nazionale (britannico) per Ricerche Mediche aveva scritto su Medical World (mar. 1956, p. 473) in un articolo intitolato Chemioterapia Moderna:

«Gli effetti tossici dei farmaci moderni stanno diventando evidenti e le pubblicazioni mediche sono piene di esempi in cui il paziente ne ha ricevuto un danno maggiore di quello che gli avrebbe procurato l'infezione originale».
Quindi non è di ieri la denuncia che la pletora di farmaci sempre nuovi non avvantaggia il pubblico, ma lo rende malato. E nel frattempo la situazione non ha fatto che aggravarsi.






Vedi il capitolo LA GABBIA in: Imperatrice Nuda (1976) -http://www.hansruesch.net/articoli/Imperatrice%20Nuda%20(1976).pdf


Scaricabile anche da questo link:http://www.dmi.unipg.it/~mamone/sci-dem/nuocontri_1/ruesch_IN.pdf


VEDI:
http://www.hansruesch.net/ 

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