venerdì 19 luglio 2013

vivisezione

Ma insomma per quanto tempo ancora all'industria farmaceutica verrà concesso da parte dei vari governi e delle rispettive autorità sanitarie di continuare queste loro criminose attività?

E per quanto tempo ancora le popolazioni mondiali rimarranno succube di una organizzazione medico-industriale che le sfrutta, speculando sulle loro sofferenze e diciamolo pure sulla loro ignoranza e la loro codardia?

- Hans Ruesch -
UNA CAUSA PERDUTA

Considerando lo sviluppo della vivisezione nell'ultimo secolo, la lotta antivivisezionista appare a molti come una causa perduta. E difatti, essendo oggi ancora una ribellione di pochi dilettanti contro un agguerrito esercito di professionisti, sembra destinata a fallire.
Però molte volte in passato, cause apparentemente prive di potere sono riuscite a capovolgere organizzazioni politiche e sociali che sembravano inamovibili. Basta pensare ai primi cristiani («uno sparuto gruppo di esaltati, di spostati») che senza alcun potere temporale diventarono più determinanti nel foggiare la civiltà occidentale che l'Impero romano, l'ortodossia ebraica e le orde guerresche nordiche, asiatiche e musulmane
Chi si batte per una causa giusta non deve credere che la giustezza della causa sia un motivo sufficiente perché altri rimuovano gli ostacoli dal suo cammino. Anzi, l'esperienza insegna che è vero esattamente il contrario. Una causa giusta presuppone l'esistenza di forze oppositrici e interessi precostituiti fermamente installati nel sistema organizzativo umano, sociale e politico.
Tutte le buone cause hanno sempre avuto avversari ricchi, potenti e privi di scrupoli: essi sono la prova che la causa è giusta. Sono gli avversari a conferire nobiltà a una causa. Ma ciò significa altresì che la causa non potrà trionfare per forza d'inerzia.

Fu la determinazione di pochi individui coraggiosi e umanitari che finì con l'ottenere l'abolizione dello sfruttamento infantile nelle fabbriche, dello schiavismo, degli spettacoli sanguinari come il massacro di orsi da parte di mute di cani, i combattimenti di galli e simili vergogne a scopo di divertimento.
Poca gente metterebbe oggi in dubbio la giustizia delle leggi che vietano tali esibizioni; eppure un tempo la maggioranza era indifferente oppure contraria all'abolizione.
Per secoli, la Chiesa perpetrò la tortura di esseri umani, finché l'opinione pubblica avversa cominciò a pesare tanto che una Bolla Papale dovette abrogarla.

Così dovrà venire il giorno in cui l'opinione pubblica insorgerà contro la pratica impastata di medievale barbarie e presuntuosa ignoranza che è la vivisezione, e la medicina ufficiale dovrà inchinarsi al volere della maggioranza e cercare altre strade se vorrà continuare a mietere i suoi lucrosi guadagni.

L'insistenza dei vivisettori per essere lasciati in pace a svolgere le loro pratiche dietro porte sbarrate è un buon segno: è segno che essi si rendono conto che una volta a conoscenza di quel che realmente accade nei laboratori, il grande pubblico non lo tollererebbe; è una prova che il senso morale è vivo, anche se non si è ancora svegliato del tutto dall'anestesia generale a cui viene sistematicamente sottoposto. Galeno poteva vivisezionare le sue vittime in piazza.
I vivisettori odierni devono nascondersi.

Il maggiore ostacolo al progresso non è l'opposizione ma il conformismo, l'abitudine, l'inerzia. I più fanno o credono qualcosa non perché vi abbiano riflettuto, ma perché sanno che altri la pensano o la fanno, e di conseguenza la ritengono giusta. È vero che la vivisezione è ancor sempre in aumento. Ma anche la criminalità è in aumento, e non per questo si rinuncia a combatterla: anzi.
Al contrario dei loro avversari, gli abolizionisti vogliono che la verità venga conosciuta, riconosciuta: e questo è un enorme vantaggio. Sono i vivisettori a cercare la segretezza, il buio; a recidere le corde vocali delle loro vittime; ad assoldare propagandisti per gettare fumo negli occhi della gente; a barricarsi nei loro tristi laboratori. Perciò altri devono gridare ciò che gli animali mutilati non possono più esprimere e suscitare quel «movimento d'opinioni » invocato da Albert Schweitzer, col quale smascherare i falsi profeti che ancora riescono a spacciarsi come i salvatori dell’umanità, finché si avvererà la profezia di quel Henry J. Bigelow che fu professore di fisiologia a Harvard:
«Verrà il giorno in cui il mondo guarderà all'odierna vivisezione in nome della scienza così come noi guardiamo oggi alla caccia alle streghe in nome della religione».

George Bernard Shaw, Richard Wagner, Mark Twain, tra i tanti grandi uomini impegnati nella lotta contro la vivisezione, si erano costantemente rifiutati d'impiegare l'arma della sua inutilità.
Questo il pensiero di Wagner: «Se noi aboliamo la vivisezione solo perché ne abbiamo dimostrato l'inutilità, allora l'umanità non avrà guadagnato nulla».
E così Shaw: «Noi non dobbiamo abbandonare l'argomento dogmatico umanitario, non dobbiamo dire che la questione va risolta secondo i benefici o meno che la vivisezione può apportare all'uomo. Se contestiamo un vivisettore dimostrando che il suo esperimento è stato inutile, allora sottintendiamo che, se fosse stato utile, sarebbe giustificato. Orbene, io non sono di questo avviso».
Naturalmente i moderni "scienziati" dicono che non bisogna dare la precedenza a considerazioni morali: che la pietà non dev’essere il metro con cui misurare il progresso umano. Ma se il metro del nostro progresso non è questo, quale dovrebbe essere? La violenza?
I vari Twain, Wagner e Shaw, avevano ragione di pretendere che la vivisezione venga abolita unicamente per considerazioni morali, e che l'umanità ci rimetterebbe se venisse abolita solo per la sua inutilità.
Senonché oggi nemmeno il più grande ottimista potrebbe affermare che dai tempi di Twain e Wagner, o anche da quelli molto più recenti di Shaw, l'umanità sia diventata più umana. Il secolo umanitario è stato quello scorso; non è il nostro.
Sicché potrebbe sembrare a prima vista che se non si è riusciti ad abolire la vivisezione il secolo scorso, quando era propagandata solo da pochi cervelloni universitari, ora che essa è alimentata dall'industria più redditizia del mondo le prospettive sono ancora più nere.
Nel frattempo però è subentrato un fattore completamente nuovo.

La vivisezione non solo si è dimostrata inutile, ma altresì responsabile di danni che oggi si stanno aggravando e moltiplicando in misura geometrica. Buona parte di questi danni sono stati accertati dagli stessi "scienziati" che li hanno provocati mediante l'errato metodo bernardiano di ricerca, inculcato nelle loro menti come un dogma religioso fin dal primo anno di studio: danni che, una volta rivelati in parole comprensibili a tutti, non potranno più essere ignorati dal grande pubblico che non chiede altro che di condurre una vita comoda e divertente e lontana dagli ospedali.

Se mi sono deciso ad abbandonare la posizione dogmatica esclusivamente umanitaria di Shaw e a servirmi altresì dell'argomento della dannosità, ho due ragioni. Anzitutto, chi denuncia i soprusi perpetrati contro gli animali deve denunciare anche i danni inflitti all'uomo: alla sua salute fisica e morale. E poi perché scavando nella storia della medicina per scoprire come mai un'aberrazione come la vivisezione poteva nascere e crescere, ho incontrato quel passaggio di Charles Bell per cui, anche se la vivisezione venisse abolita solo perché dannosa, ciò segnerebbe egualmente una vittoria per l'umanità, la quale non ci guadagnerebbe solo a livello fisico.

E ciò perché a suo tempo quel grande fisiologo dichiarò, stabilendo una seconda "legge Bell", ormai dimostratasi non meno giusta della prima: « Non credo che uomini capaci di simili crudeltà abbiano la capacità di penetrare i misteri della natura».
Il genio di Bell non aveva avuto difficoltà a intuire già oltre un secolo e mezzo fa che individui incalliti, privi di umanità, sono sprovvisti di vera intelligenza, la sensibilità essendo una componente, e non certo la minore, dell'intelligenza umana: e che la categoria di persone che si sarebbe sentita attratta da una ricerca medica basata sulla sistematica tortura sarebbe stata la meno adatta per tale tipo di ricerca, che assiomaticamente richiede sensibilità, intuito e intelligenza.

La dimostrazione dell'inevitabile disumanizzazione di ciò che passa oggi per scienza medica, e dei danni sempre crescenti che sta provocando, verrà presentata nella parte seguente, dalla quale emergerà che se mai c'è stata una causa perduta, è quella della vivisezione.








Tratto da: Imperatrice Nuda al capitolo "UNA CAUSA PERDUTA"
http://www.hansruesch.net/articoli/Imperatrice%20Nuda%20(1976).pdf

Il pdf di Imperatrice Nuda scaricabile anche da questo link :http://www.dmi.unipg.it/~mamone/sci-dem/nuocontri_1/ruesch_IN.pdf

VEDI:
http://www.hansruesch.net/


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È solo una questione di tempo e di modalità: ma prima o poi l'abolizione della vivisezione è inevitabile. Dato che essa si è dimostrata rovinosa per la medicina, per la salute e per la morale, è assurdo volerla "regolamentare".

Non ci può essere regolamentazione dell'assassinio, così come non ci può essere regolamentazione delle alluvioni: vanno impediti, con tutti i mezzi.

La lotta a oltranza contro i vivisezionisti e chi li protegge non è altro che un atto di legittima difesa.
Essi ci rendono malati e ci uccidono, oltre che torturare milioni di animali. L'uomo pensante ha il diritto di difendersi, e l'uomo onesto ha il dovere di combatterli, con tutti i mezzi e senza riguardi.
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